24 marzo 2006

Fichidindia




Fame ? Voglia di non ubbidire ? Chissà ! I bambini non sognano la libertà, la praticano, pericolosamente. E’ un istinto vitale che sfiora continuamente scatti quasi mortali.La mia testolina castana doveva tirarsi più su del bordo del vecchio tavolo di legno per guardare incantata quel piatto colmo di strani frutti colorati e sconosciuti. Gialli, rossi , arancione, emanavano un’irresistibile attrazione. “Quelli non si toccano!” mio nonno , pazientemente mi aveva avvertito più volte osservando il mio piccolo naso che strusciava sull’orlo di legno e i miei occhi brillanti d’emozione.La proibizione funzionò d’incentivo alla decisione che andavo prendendo, facendo finta di niente. Bastò l’uscita del nonno sull’ aia davanti alla porta della nostra casa di campagna e , con gesto rapido ne afferrai uno e me lo infilai intero in bocca, richiudendola per nascondere il furto gioioso.Le lunghe spine polverose ed aguzze penetrarono nel palmo della mano ed in tutta la lingua e sul palato. Sputando e tossendo cominciai a urlare per il dolore intenso e inatteso e soprattutto sostitutivo d’un sapore atteso e pensato meraviglioso, in quanto proibito. Ci vollero tre giorni affinché il numero delle spine diminuisse dalla bocca e dalla mano, con continui strofinamenti d’una pezza di lana grezza.Oggi adoro i fichidindia ma so bene che prima occorre togliere la buccia spinosa.So anche che una preventiva sosta di qualche ora, in un recipiente pieno d’acqua, ammorbidisce le spine e ne diminuisce la forza .So che occorre usare una forchetta per tenere il frutto, e tagliare di netto le due estremità, e fare un taglio piuttosto profondo da una parte all’altra, e aprire la buccia spessa con pollice ed indice , e finalmente tirare su il frutto per poi mangiarlo, non subito ma, preferibilmente, rinfrescato da una mezz’oretta in frigorifero.


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